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INCHIESTA/Flumeri insorge contro l'impianto di Terna: ''E' una fossa per i nostri figli''/VIDEO

Il Ministero dello Sviluppo Economico, di concerto con quello dell’Ambiente e della Tutela del Territorio, il 1° febbraio 2013, ha “approvato il progetto definitivo per la costruzione ed esercizio, da parte della Società Terna S.p.A. del Sistema ‘Flumeri Sanc’ ed opere di connessione alla Rete di Trasmissione Nazionale’’.  Così dal 6 marzo in Valle Ufita, alle spalle dello stabilimento ex Irisbus e poco distante dall’altra grande industria che di prodotti alimentari, si sta lavorando per la realizzazione dell’impianto S.A.N.C.: una sigla che sta a significare ‘’Sistema di Accumulo Non Convenzionale per l’energia elettrica’’. Sì, “Non Convenzionale” perché si tratta della prima iniziativa in Italia ed in Europa. Quindi non esiste nel vecchio continente nessun tipo di esperienza di riferimento tanto che, a detta dello stesso responsabile di Terna, quello che si sta realizzando a Flumeri è un impianto “sperimentale” della durata di 12 anni. 
Qual è la necessità di costruire un simile sistema? Come spiegato da Terna l’attuale rete elettrica, per via della limitata capacità di trasporto, non sarebbe idonea ad evacuare in sicurezza tutta l’energia generata dalle Fonti Rinnovabili, determinando l’insorgere di congestioni di rete. Queste ultime sono causa d’incremento dei costi per il Sistema di Trasmissione Nazionale di cui Terna S.p.A. è gestore. Il Sistema di Accumulo non Convenzionale permetterebbe di sbloccare l’energia prodotta dai numerosi parchi eolici presenti sui territori circostanti. Si prevede quindi, a Flumeri, l’installazione di una potenza complessiva di 12 MW ottenuta con circa 89.500 celle collegata fra loro. Si tratta in sostanza di pile costituite da sodio e il catodo da zolfo allo stato liquido. La temperatura d’impiego delle pile è di circa 300°C. In impianti basati su tale tecnologia sono già avvenuti tre incidenti: nel 2005, nel 2010, e nel 2011. Per quest’ultimo, in Giappone, sono state necessarie otto ore per dichiarare l’incendio sotto controllo e 15 giorni per il definitivo spegnimento. 
Come ha fatto notare la famiglia Merluccio, nel raggio di 400 - 500 metri dall’impianto sono presenti abitazioni ad uso civile nonché diversi stabilimenti industriali in cui si trattengono ogni giorno centinaia di persone. “Non ci sono masserie” tengono a precisare i residenti, bensì abitazioni e aziende agricole costruite negli anni tramandate di generazione in generazione. Lavoro, sacrificio, e già una decina di casi di patologie tumorali, purtroppo anche infantili. 
Sono diversi i cittadini che hanno aderito al Comitato No Terna e stanno portando avanti una battaglia legale inviando un esposto alla Procura della Repubblica e altri enti interessati, mentre l’amministrazione comunale ha deciso di fare ricorso al Tribunale Ordinario per temuti danni alla salute umana utilizzando la procedura d’urgenza prevista dall’articolo 700 del codice civile.
Il Comitato ha assunto il ruolo di sentinella del territorio, anche se come in tanti casi simili, le forze sono davvero esigue. Nonostante ciò, hanno messo su due sit-in di protesta quando lunedì 7 aprile sono state ritrovate delle lastre di cemento durante gli scavi e giovedì 10 quando le ditte che lavorano per la società energetica si stavano dirigendo a picchettare un’altra area inserita nel progetto.
Ebbene, questa volta ce l’hanno fatta, ma lo scontro si consumerà fra autorizzazioni e pareri tecnici, si aspetta infatti che la Procura beneventana prenda in considerazione il sequestro cautelativo dell’area.
Nel mentre la quotidianità in valle Ufita è divenuta un inferno, persino la notte non si riesce a dormire quando il faro di vigilanza a cadenza regolare si allunga fin dentro le stanze da letto di queste famiglie. Ma questo sarebbe il fastidio minore, i cittadini temono ben altro.
Si punterà d’ora in poi ad informare il più possibile, il Comitato girerà per le contrade e poi per il paese, e in quelli limitrofi:  non tutti sembrano aver compreso di che cosa si stia parlando.  E anche se sono solo poche voci, dicono di volerlo fare per tutti, purchè non si permetta di “scavare una fossa ai propri figli”

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