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Economia

Divieto e aumenti: ecco cosa succede con il Bitcoin in Cina

Correva l’anno 2017 quando la Cina, che ha provveduto a lanciare per prima al mondo il passaporto vaccinale, decise di provvedere a imporre un divieto in riferimento alle attività di trading di Bitcoin e di tutte le altre valute digitali. Non a caso, pochissimo tempo, ecco che ogni exchange cinese dovette chiudere oppure trasferire in uno Stato estero. La principale misura che venne adottata riguarda il divieto, imposto in base a una previsione di legge, degli scambi di valuta fiat in criptovalute.

Il fascino del trade Bitcoin, però, ha continuano a imperversare anche tra la popolazione cinese, che non sembra essersi fatta scoraggiare più di tanto da questo divieto statale, dal momento che sono proseguiti gli scambi di Bitcoin in modo imperterrito. È importante mettere in evidenza, infatti, come la recentissima bullrun abbia comportato un notevole aumento degli scambi entro i confini cinesi.

Una rivelazione che è stata diffusa da parte dell’Agenzia di stampa Reuters, che ha messo in evidenza come il mercato “sotterraneo” legato al trading di valute digitale in Cina avrebbe trovato nuovi stimoli a partire dal mese di ottobre del 2020, al punto che le diverse autorità che si occupano di regolamentare e legiferare in questo settore, sono tornare nuovamente in modalità di pre-allarme.


Uno scambio che cresce sempre di più in Cina
È interessante notare come sia i trader che i vari investitori in Cina, Paese in cui si sta ragionando già da diverso tempo sull’ipotesi di istituire la prima criptovaluta di Stato, stiano proseguendo ad effettuare lo scambio della più famosa valuta digitale al mondo, andando a sfruttare in modo particolare degli exchange esteri che fanno capo ad alcune società del colosso asiatico, tra le quali troviamo pure OKEx e Huobi. Questi ultimi non sono proprio gli ultimi arrivati, quanto piuttosto i due più importanti exchange a livello internazionale non solamente in termini di volumi spot, ma anche dal punto di vista dello scambio di prodotti derivati.

C’è anche un altro segnale che testimonia di come la situazione sia in fermento, ovvero che le chat cinesi di trading, nel corso degli ultimi tempi, pare abbiano ripreso vigore. Riprendendo il discorso precedente, anche se questi exchange esteri non avrebbero alcuna autorizzazione per poter operare legalmente entro i confini cinesi, va detto che possono essere sfruttati da parte dei cittadini cinesi senza problemi specifiche. Infatti, gli scambi non si verificano in Yuan, quanto piuttosto usando stablecoin come USDT, togliendo di mezzo qualsiasi tipo di ostacolo.

Al giorno d’oggi, quindi, in Cina si possono comprare USDT in Yuan su vari marketplace P2P. E il pagamento? Tutto avviene utilizzando delle carte bancarie piuttosto che dei trasferimenti di denaro che avvengono interamente sul web, anche per via del fatto che non sembrano trasgredire le leggi dello stato cinese. Infatti, il cambio di valuta cinese in dollari a stelle e strisce è ovviamente permesso, mentre l’USDT rappresenta molto semplicemente un token che corrisponde al dollaro made in Usa.


Arriverà una stretta dal Governo?
L’organismo che si occupa di controllare e individuare eventuali mosse e comportamenti strani sui mercati finanziari in Cina ha già comunicato come sia in previsione l’adozione di una vera e propria stretta sulle verifiche e sul monitoraggio legato al trading di criptovalute.

Il problema, però, per le autorità della Cina è che tutti questi scambi si verificano, in pratica, all’estero. Ecco spiegato il motivo per cui qualsiasi tipo di intervento è reso notevolmente più complicato del solito. Tra l’altro, la legge in Cina ammette il valore delle varie risorse digitali e, di conseguenza, consente sia l’invio che la ricezione di monete digitali da parte dei cittadini cinesi.

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