L'annuncio della chiusura, l'apertura della vertenza, la lotta dei lavoratori, gli incontri al ministero, la chiusura definitiva. Sono le tappe della via crucis percorsa dai lavoratori della Novolegno che da ieri sono ufficialmente in cassa integrazione per cessazione attività. 119 i dipendenti che accederanno agli ammortizzatori sociali. Il sussidio è garantito per un anno. Entro i prossimi 12 mesi si spera che qualche nuovo imprenditore si faccia avanti per acquisire e rilanciare l'immenso stabilimento di Arcella, nel comune di Montefredane. In caso contrario bisognerà anche porsi il problema della bonifica dell'impianto e della destinazione d'uso.
Fino ad oggi la mobilitazione dei sindacati e della politica ha prodotto poco o nulla. C'è da dire che, a differenza di altre vertenze, quella della Novolegno è rimasta nell'ombra, con istituzioni e politica meno presenti che altrove. Di certo c'è che il gruppo Fantoni non tornerà sui propri passi. Il mercato del settore è cambiato, le perdite sono troppe e per l'imprenditore friulano era impossibile continuare a tenere aperto uno stabilimento che ogni anno andava sotto di milioni di euro. Queste le motivazioni economiche alla base della decisione. Nella scelta di lasciare l'Irpinia, invece, pare non abbiano influito le proteste degli ambientalisti che per anni hanno puntato il dito contro la Novolegno, colpevole, a loro dire, di produrre inquinamento. Con la chiusura dello stabilimento viene meno una delle fabbriche simbolo della zona industriale di Pianodardine.
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