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Dolore e fede raccontate da un uomo di scienza. Intervista al Dott. Luigi Di Marino

“[…] mi rendo conto sempre di più che non posso entrare in ospedale pensando di non sorridere: il sorriso è troppo prezioso; loro, i pazienti oncologici, sentono terribilmente il sorriso, perché stanno sopravvivendo solo per morire più tardi, solo perché il loro corpo si rifiuta di lasciare la presa, perché possono ancora ricevere e possono ancora dare […]”.

Il Dott. Luigi Di Marino, è un giovane medico fuori dal comune, capace di mettere in correlazione scienza e fede. Il medico napoletano si sta specializzando in chirurgia generale. Si è formato in tre importanti ospedali in Italia: Policlinico di Napoli, Campus Biomedico a Roma e Istituto Europeo di Oncologia di Milano.

Un medico fa i conti con il dolore degli altri ogni giorno. Come affronta questa condizione?

Una domanda difficile che può facilmente sfociare nel sentimentalismo. Esistono modi diversi di affrontare il dolore È fondamentale saper comunicare ed essere disponibili con alcuni pazienti oncologici, molto fermi con altri. Il problema comune nei pazienti può essere di natura psicologica: pensare di non poter più condurre una vita normale. Ho sperimentato che semplicemente interessarsi al paziente rende più costruttivo il percorso terapeutico. Molti guariscono nel corpo, quasi tutti, dopo una lunga malattia, nell'anima. Il dolore ci insegna la pazienza, ma l’abbandono, se ben tollerato, ci porta in paradiso. 

Scienza e Fede, un classico ed irresistibile conflitto. È davvero corretto parlare di conflitto?

Diceva Pasteur: “poca scienza allontana da Dio, ma molta vi riconduce.” Le faccio una domanda: conosciamo perfettamente alcuni dei tantissimi meccanismi che regolano le reazioni del nostro corpo e ogni giorno le scoperte aumentano. Ma perché funzioniamo così? Mi lasciano perplesso i numerosi biologi che non si stupiscono più nell' osservare un organismo come la cellula che  svolge una serie di complicatissime e  perfette interazioni, al pari la stupenda anatomia del  nostro corpo. Credere che lo abbia creato il caso?! Lo stesso Albert Einstein trovò nei numeri la presenza di Dio e credo che in scienza abbia qualcosa da insegnarci. Che poi io non creda in un Dio come logos, come intelligenza e basta, ma creda in Gesù, questo deriva da un percorso personale, che ciascuno può intraprendere.  

Cosa l'ha spinta a voler diventare medico e come mai ha scelto questa branca della medicina così impegnativa.

Le motivazioni che mi hanno spinto a diventare medico non erano nobilissime, come si potrebbe pensare. Ho sempre guardato con ammirazione la figura di un mio vecchio zio ortopedico. Oggi vivo il lavoro come un servizio, un dono per il prossimo. Il lavoro è l'occasione per poter dare un buon esempio, mi sento di osare: per “santificarsi”. Il Signore ci ha creati per collaborare alla sua creazione, e tutti, col proprio lavoro ben fatto, possono partecipare a questo ambizioso progetto.

Maria Froncillo

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