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Avellino, Villa Amendola: da dimora borghese a Museo Civico

villa amendola

Le prime notizie su questa dimora residenziale, collocata sulla via dei Due Principati, risalgono (come argomenta lo storico Andrea Massaro  nel suo libro “Villa Amendola – Tre secoli di storia”) alla seconda metà del ‘700, quando la villa è di proprietà di un facoltoso possidente di Avellino, Don Domenico Pelosi, sagace amministratore del Comune di Avellino. 
In questi anni il grande parco annesso alla villa si arricchisce di alberi e piante esotiche e pregiate, come  sequoie,  banani,  oleandri, ippocastani, lecci,  magnolie,  frassini,  pini e abeti, di cui Don Domenico Pelosi è appassionato collezionista.
Particolarmente importante nella storia di questa antica dimora avellinese è il periodo napoleonico: all’indomani dell’8 agosto 1806, quando Avellino sarà elevata a capoluogo di provincia, la villa infatti diviene dimora di un giovane Capitano della guardia reale napoleonica, Luigi Horto, di Ajaccio, conterraneo di Napoleone e Giuseppe Bonaparte. Luigi Horto  si trasferisce nella villa di via Due Principati (allora ancora via San Leonardo) dopo che ha preso in  sposa il 26 ottobre del 1807, nella chiesa di Santa Maria di Costantinopoli, Aurelia Pelosi, figlia del proprietario. In questo periodo, frequentatori della villa, ospiti del Capitano Horto e di sua moglie Aurelia, sono il colonnello Léopold Sigisbert Hugo, padre dello scrittore Victor, il primo Intendente di Avellino Capoluogo di Provincia, Giacomo Mazas e il notaio e patriota Giacinto Greco.
Dall’unione tra il Capitano della guardia reale napoleonica Luigi Horto e Aurelia Pelosi nacque il 29 agosto del 1808 Gioacchino Napoleone Nicola,  al quale perverrà in seguito la villa. Gioacchino Napoleone Nicola Orto (il cognome si era ormai italianizzato)  fu un valente avvocato. Durante i giorni delle rivolte antiunitarie del 1860 gli fu affidato da Francesco De Sanctis (primo governatore di Avellino dopo l’unità d’Italia)  il comando della Guardia Nazionale di Avellino, impegnata nella lotta alla reazione borbonica, divampata in Avellino e  in molti paesi della nostra provincia.
 L’avvocato Gioacchino Napoleone Nicola Orto, uomo colto e raffinato, ospitò nella sua villa di via Due Principati artisti ed intellettuali irpini del tempo, tra cui i pittori Achille Carrillo e Cesare Uva, il deputato Errico Capozzi e il letterato Raffaele Masi. 
Dal matrimonio, celebrato il 13 maggio 1830  nella chiesa di Santa Maria di Costantinopoli, tra Gioacchino Napoleone Nicola Orto e Michela Montuori, figlia di un ricco commerciante di Avellino, nasce il 10 giugno 1832  Aurelia Adelaide Filomena, che, raggiunta la maggiore età, sposerà il 24 novembre 1852 il patriota Mattia Farina di Baronissi, più volte deputato del Regno d ‘Italia e poi senatore. Aurelia Adelaide Filomena Orto porterà in dote al marito, tra l’altro,  la villa avellinese di via Due Principati.
Dal matrimonio tra Mattia Farina e Aurelia Adelaide Filomena Orto nascerà il  24 ottobre 1859 Gennaro, che sposerà Francesca Federici di Montoro Inferiore, già madre di tre figli e vedova del pittore  Michele Amendola di Sarno, morto all’età di trentasei anni il 2 giugno 1886, fratello del più noto scultore Giovanni Battista Amendola.
La coppia Gennaro Farina e Francesca Federici non genererà figli, l’ingente patrimonio dei Farina,  quindi,  dopo la morte di Gennaro Farina andrà ai tre figli di sua moglie Francesca Federici.
Tra i tre figli del primo matrimonio di Francesca Federici con il pittore Michele Amendola vi è Francesco, destinato ad ereditare la villa avellinese di via Due Principati nella quale deciderà di trasferirsi definitivamente nel 1934  con sua moglie Maria Carolina Viola e i suoi figli Francesca, Caterina, Michelangela, Vito, Gennaro, Luisa e Giovanna. 
Dalla seconda metà degli anni ’30 del secolo scorso, e sino alla scomparsa del Comm. Francesco Amendola, avvenuta il 5 novembre del 1959, la grande casa di Via Due Principati, ribattezzata da Don Francesco “Villa Amendola” sarà, grazie alla poliedrica e carismatica figura di Francesco Amendola, (tra l’altro Sindaco di Avellino dal 6 gennaio 1947 al 6 marzo 1952) luogo di incontro e cenacolo culturale dei maggiori intellettuali irpini del tempo: gli storici Vincenzo Cannaviello, Francesco Scandone e Salvatore Pescatori, lo scrittore e giornalista Alfonso Carpentieri, il meridionalista Guido Dorso, il medico Gaetano Perugini e l’avvocato Alfonso Rubilli.
Spesso ospiti nella villa avellinese del Comm. Francesco Amendola e di sua moglie Maria Carolina Viola furono anche lo scrittore e commediografo Roberto Bracco e il grande filosofo
Con la scomparsa del Comm. Francesco  Amendola, avvenuta ad Avellino il 5 novembre del 1959, di cui Vincenzo Cannaviello sulle colonne del settimanale “Il Corriere dell’Irpinia” del 5 dicembre 1959 scrive : “Avellino ricorderà sempre con rimpianto il tuo nome e casato, Franco Amendola, come suo figlio di adozione, gentiluomo a tutta prova, di serenità francescana anche negli infortuni, cittadino di onore, nato a profondere in mezzo al popolo sempre il bene”, la villa conosce un declino che si accentua notevolmente con i colpi del terremoto del 23 novembre 1980. 
Bisognerà attendere la fine del secolo XX e l’inizio del secolo successivo per far balzare nuovamente all’attenzione delle cronache cittadine l’antica dimora borghese di via Due Principati.
Con Deliberazione di Consiglio Comunale n. 73 del 31 luglio 2003 la Civica Amministrazione, allora guidata dal Sindaco Antonio Di Nunno, deliberò, infatti, l’acquisto per un importo pari ad Euro 1.807.599,14  dell’immobile e di ciò che restava del suo immenso parco, oggetto di studio del noto agronomo Carlo Laudadio, che, in una ricca relazione agli atti dell’Amministrazione Comunale di Avellino individua e classifica come piante rare presenti nel parco ben 25  “piante erbacee”, 38 “piante arbustive” e 87 “ piante arboree”. 
Dopo un lungo e laborioso intervento di restauro della villa, rientrante nel “Progetto Integrato Città di Avellino”, operazione cofinanziata con fondi dell’Unione Europea nell’ambito della Misura 5.1 – Azione “B” del POR Campania 2000 – 2006,  “Villa Amendola” è stata aperta in tempi recenti al pubblico solo in sporadiche occasioni.
LA NASCITA DEL MUSEO
Con Deliberazione di Giunta Comunale n. 12 dell’ 1 agosto 2013, l’Amministrazione Civica, guidata dal Sindaco Paolo Foti, su proposta dell’Assessore alle Politiche Culturali e Promozione della Città, Nunzio Cignarella,  ha disposto la destinazione della villa a “Polo Culturale” destinando il “piano nobile” del settecentesco edificio a sede del “Museo Civico”, curato dallo Storico dell’Arte Alberto Iandoli, e precedentemente istituito nella città di Avellino, su proposta dell’Assessore alla Cultura Sergio Barbaro,  con Delibera di Giunta Comunale n. 176 del 7 giugno 2012, adottata dalla Civica Amministrazione guidata dal Sindaco Giuseppe Galasso, con l’intento di raccogliere e rendere fruibili le testimonianze della storia cittadina.
L’ALLESTIMENTO
L’ allestimento delle sale di Villa Amendola destinate a sede del “Museo Civico”, ideato e curato dallo Storico dell’Arte Alberto Iandoli, e la sistemazione delle testimonianze di “Storia Patria” in esse contenute, fruibili al pubblico dal 10 Gennaio 2014,  hanno preso forma anche grazie al contributo scientifico della Soprintendenza per i Beni Storici, Artistici ed Etnoantropologici per le province di Salerno e Avellino.
Al Primo Piano di Villa Amendola, settecentesca e borghese dimora avellinese, in una superficie di circa 400 mq, in cinque ampi saloni, comunicanti tra loro, è stato allestito un percorso espositivo nel quale hanno trovato permanente sistemazione cimeli che ricostruiscono e raccontano la storia della città di Avellino dalla sua elevazione a Capoluogo di Provincia, con decreto del re di Napoli Giuseppe Bonaparte l’8 agosto 1806, sino ai giorni nostri.
L’intero percorso, suddiviso in cinque sezioni, inizia con la sala d’ingresso del Museo, contrassegnata dal n.1, nella quale il visitatore troverà sistemata una raccolta di incisioni, tutte ispirate a scorci e monumenti della città di Avellino.
Nella Sala n.2 sono state collocate invece le testimonianze riferite all’elevazione, l’8 agosto 1806, della città a Capoluogo di Provincia, e le altre che raccontano i Moti Costituzionali del luglio 1820, che da Avellino, grazie agli ufficiali Michele Morelli e Giuseppe Silvati, e al Colonnello Lorenzo De Concilj, segnarono l’alba del Risorgimento d’Italia.
Il percorso espositivo prosegue con la Sala n.3, dedicata all’esposizione di reperti e testimonianze riferite alla città di Avellino nel periodo unitario e post unitario. La Sala n.4, invece, è stata destinata all’esposizione della preziosa quadreria dell’Amministrazione Comunale, attraverso la quale è possibile ricostruire le tappe salienti per  una Storia dell’Arte ad Avellino e in Irpinia tra ‘800 e ‘900.
La Quinta ed ultima Sala del “Museo Civico” di Avellino, allestito a Villa Amendola, racconta al visitatore, invece, attraverso una ricca esposizione iconografica e documentaria, fatti e accadimenti della storia civile, culturale, morale e politica della città nel ‘900.
Completano, ed impreziosiscono ulteriormente, infine, l’allestimento delle sale, mobili e suppellettili risalenti al XIX e agli inizi del XX secolo, alcuni dei quali già patrimonio dell’Amministrazione Comunale, e un tempo arredi di Palazzo de Peruta, antica sede del Comune di Avellino, altri, invece, pervenuti all’Amministrazione comunale grazie alla recente donazione della prof.ssa Laura Giovannitti.

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