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La lettera: noi, operai Irisbus in lotta abbandonati da tutti

Tenda Irisbus (Foto di Valentina Bruno)

Riceviamo e pubblichiamo
“L’indifferenza è abulia, è parassitismo,è vigliaccheria,non è vita. Perciò odio gli indifferenti.”
 Probabilmente Gramsci avrebbe pronunciato queste stesse parole anche oggi riferendosi all’apatia con la quale sindacati, partiti, istituzioni, lasciano scivolare sempre più verso il basso i destini dei 700 operai Irisbus. E questo dramma che non è solo il nostro,poichè colpisce anche l’indotto, si sta consumando evidentemente e inesorabilmente sotto gli occhi di chi, invece, dovrebbe difenderci. Sotto gli occhi di chi, in questo modo, rinnega la propria storia, quella fatta di lotte, di diritti e di dignità. E invece oggi, tutti inermi e indifferenti lasciano che il male si abbatta sull’anello produttivo dell’irpinia e non si accorgono che le vittime sono anche loro, chi ha voluto e chi non ha voluto, chi sapeva e chi non sapeva, chi è stato attivo e chi no. E si abbatte anche sui loro figli precludendo loro la possibilità di restare qui.
E mentre ci abbandonano al nostro destino, i sindacati e i politici restano arroccati su vecchie logiche che gli impediscono di svolgere un ruolo attivo nell’evolvere del mondo del lavoro. E non hanno il coraggio di perseguire un diverso atteggiamento mentre sono solo scaduti nella resa alle “piazze” perché sono venduti ai padroni. Basta vedere il buco nell’acqua delle parole pronunciate durante l’assemblea dei lavoratori Irisbus da Enzo Masini sindacalista nazionale Fiom  che richiamava ad azioni anche “eclatanti” cui non hanno seguito i fatti. L’assenza e il silenzio assordante infatti di tutte le sigle sindacali e di partito sia provinciali che nazionali (cgil, cisl uil , ugl, fismic) ha fatto più rumore della presenza di quei soliti operai non disposti a vendersi alle logiche degli stessi.
Siamo stanchi , infatti,di essere utilizzati come burattini e mandati allo sbando a protestare inutilmente e semmai derisi dal territorio, dalle forze dell’ordine che addirittura ci scortano, e da quegli stessi operai che assistono da spettatori dall’alto delle loro poltrone casalinghe.
Sindacati, istituzioni e partiti indifferenti, lontani e distanti dai problemi, rinchiusi in se stessi e autoreferenziali che continuano a curare esclusivamente i loro bacini di interesse elettorali senza muovere un dito per bloccare l’avanzata della desertificazione imprenditoriale che sta riducendo sempre più ad un lumicino la mappa degli insediamenti produttivi irpini.  
Ma più triste ancora è l’indifferenza della stessa classe operaia, indifferente a se stessa e la cui assenza riduce l’altro al nulla. I pochi operai che lottano e che non si arrendono vengono ridotti al nulla dai molti. Molti si lamentano pietosamente, tanti bestemmiano oscenamente, ma solo pochi lottano. Ad ogni azione di protesta  i cuori che si sentono battere sono sempre gli stessi, quelli degli irriducibili che non demordono. Forse gli altri, la maggioranza, coloro che si sono arresi sperano nella forza di chi ostinatamente non vuole farsi portare via la propria dignità, il proprio futuro. O magari sono semplicemente “già sistemati” e restano spettatori indifferenti e assenteisti di quel terremoto del quale rimangono essi stessi vittime. 
Mi basterebbe soltanto che questi assenti si domandassero: se avessi fatto anche io il mio dovere, se avessi cercato di far valere la mia volontà, sarebbe successo ciò che è successo?
Noi ci crediamo e vogliamo dimostrare che non siamo zombi che camminano e chiediamo di spostare la vertenza nei luoghi decisionali, quelli in cui sindacati e partiti contano, scavalcando le logiche territoriali per dimostrare di poter ridare ancora un futuro ai lavoratori Irisbus e al suo indotto.
Davide Iannuzzo, operaio Irisbus Iveco

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