La varietà italiana di uve nere è vasta. Alcune tipologie sono considerate “di moda”. È il caso del Cabernet Sauvignon. La regina delle varietà rosse. A partire dal XVII secolo la sua diffusione è stata inarrestabile. Non esistono viticoltori al mondo capaci di resistere al suo fascino. Il colore è violaceo, molto intenso, la struttura è solida come la pietra, presenta aromi di frutti neri e sostiene l’invecchiamento per lunghi anni. C’è poi la Corvina, chiamata spesso Veronese, appartiene ai rossi della Valpolicella. Regala delusioni e gioie agli amanti del vino di pizzerie e trattorie italiane. La felicità deriva dagli aromi fruttati di queste uve, la delusione invece dal fatto che il Veneto ha una produzione esagerata, che troppo spesso non bada alla qualità. Il Lambrusco è il rosso frizzante. Le uve che concorrono alla produzione di questo vino sono oltre quaranta. Il Merlot è sempre di moda. Presente nei vigneti di Pomerol e Saint Emilion, si chiamava crabutet noir, prima di guadagnarsi un posto nell’olimpo del dio bacco come componente principale del leggendario Petrus. Montepulciano monopolizza più di trentamila ettari di vigneti. Si adatta facilmente ai diversi ecosistemi. È tipicamente abruzzese.Il Negroamaro è  un’uva meridionale. Coltivata in Puglia da tempi immemorabili. Ottimi i vini rosati, più rustici i rossi. Il Pinot nero, l’uva più venerata da molti enologi. Il non plus ultra dell’identità e del carattere di un vino. Anche quando è vinificata in bianco, come fanni in Champagne, produce i famosi Blancs de noir, i bianchi che nascono neri. L’Aglianico è la varietà più nobile dell’Italia Meridionale. L’uva ha addirittura un’origine greca, secondo lo studioso Andrea Bacci etimologicamente il termine aglianico deriverebbe dal greco Aglaos chiaro e agliaia splendore. È sufficiente provarne uno per verificarlo.
Maria Froncillo