Trattasi di coincidenze. Strane, per la verità. Una sala piena di operai, amministratori e politici, oltre che sindacati, s’interrogano se i Cinesi sono un bluff o i salvatori della Valle, ed ecco che spuntano degli occhi a mandorla. Lei, una signora sulla quarantina, mi si avvicina chiedendo chi, al momento, avesse preso la parola al tavolo dei relatori. Caso vuole, tra l’altro, che quella persona fosse proprio mio padre, è solo un dettaglio in un episodio singolare, un incontro non significativo forse, ma permettetemi l’esitazione del momento. Lei non comprende quando le riferisco il nome. Ma che cosa ci fa qui? Chi è questa asiatica? Uno sguardo complice con un mio collega e dilagano le teorie cospirative. È un’informatrice di Amsia o dei nuovi dal vocabolo impronunciabile. È una traduttrice, sostiene il mio collega. Oppure ha portato la nota che legge Giacobbe. Insomma, è una parentesi per sdrammatizzare la situazione che si sta vivendo in questa zona. Raccontando le storie degli operai, si finisce immancabilmente a diventar empatici. E poi la vicenda ha tutti i requisiti per essere misteriosa. Ma torniamo all’asiatica. Se ne sta ad un angolo della sala e cerco di rubare uno scatto che la ritrae. Il mio occhio cade ripetutamente sul suo volto, il suo modo di fare, scruto finanche il suo abbigliamento pur di capire qualcosa in più. Mi riporta alla realtà, il sindaco Ianniciello. Con il suo solito sigaro agli angoli della bocca, si ferma a salutarla. E la perplessità aumenta. Ianniciello è quello che ha avuto i primi contatti con questi imprenditori. Plausibile allora la curiosità. Se non fosse per il fatto che la donna, di cui ancora non conosco il nome, è di Melito. No, esclamo. Solo un quarto d’ora d’inutili e fantasiose congetture. E poi scopro di più: sposata con una persona di Melito, soprannominato il ‘francese’, vive qui da un paio di anni. Attualmente sembra sia disoccupata. Ma la donna sembra avere un sogno, o un obiettivo: lavorare alla Fiat quando non sarà più made in Italy, ma in China
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