Nei giorni in cui si dovrebbe parlare solo di calcio, con le imminenti novità sulla panchina biancoverde, l’attenzione si sposta inevitabilmente su vicende extrasportive. In un maggio caratterizzato ancora dal freddo e dal maltempo, a riscaldare l’ambiente ci pensa l’ennesima bufera giudiziaria che si abbatte sul calcio, con inquietanti scenari di combine e partite truccate. Stavolta a finire nel calderone delle indagini dei magistrati partenopei c’è l’Avellino, non come società direttamente indagata, ma come club di appartenenza di alcuni dei soggetti finiti sotto la lente di ingrandimento degli inquirenti. In una giornata in cui la notizia ha provocato le più disparate reazioni e commenti di varia natura, emerge un dato inconfutabile: la società irpina era all’oscuro delle presunte combine poste in essere o tentate da propri tesserati. L’estraneità è dunque certa nella vicenda. Per intenderci il rischio di una retrocessione, come accaduto invece al Catania, è scongiurato. Per gli etnei lo stesso presidente del sodalizio era parte integrante ed anzi protagonista delle combine delle partite. In questo caso resiste solo la regola della responsabilità oggettiva del club, ovvero quella residua responsabilità che ricade automaticamente sul club di appartenenza quando a commettere l’illecito è un proprio tesserato. Presto per dire quali potranno essere le conseguenze di questa storia. La magistratura sportiva acquisirà gli atti di indagine di quella ordinaria, ed all’esito si potrà conoscere l’entità di eventuali sanzioni, tra cui potrebbe spuntare anche la penalizzazione in termini di punti. intanto Taccone difende a ragione il suo club, definendolo parte lesa.