Il ricorso contro la squalifica di D’Angelo, messo fuori per tre turni dal giudice sportivo, potrebbe trovare fondamento nell’art. 35 del Codice di Giustizia Sportiva. Leggendo tale articolo si evidenzia che “Gli Organi della giustizia sportiva hanno facoltà di utilizzare, quale mezzo di prova, al solo fine dell’irrogazione di sanzioni disciplinari nei confronti di tesserati, anche riprese televisive o altri filmati che offrano piena garanzia tecnica e documentale, qualora essi dimostrino che i documenti ufficiali indicano quale ammonito, espulso o allontanato soggetto diverso dall’autore dell’infrazione”. Il caso di cui alla norma è dunque elementare e perfettamente coincidente con il caso verificatosi ad Avellino, e cioè l’espulsione di un soggetto diverso rispetto a quello che si era reso protagonista dell’infrazione. Resta il mistero del perché debba attendersi la proposizione di un ricorso per giungere ad una decisione e non si sia invece proceduto di ufficio a visionare le immagini che scagionano D’Angelo. Il caso aveva fatto discutere immediatamente, e probabilmente anche il direttore di gara Marini aveva controllato subito il proprio operato. Ma tant’è. Avellino e D’Angelo possono sperare.
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