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Università del Sannio - Dentro e fuori le mura, anche l'Irpinia è protagonista

carcere al lavoro

“Dentro e fuori le mura”: obiettivo recupero, inclusione, reinserimento lavorativo: il valore dell’agricoltura sociale nelle carceri”.E’ il liet motiv del convegno che si svolgerà domani mattina - alle ore 9.30 - presso l’Aula Ciardiello dell’Università del Sannio.

Non mancheranno le esperienze più significative sperimentate dagli istituti penitenziari italiani in collaborazione con cooperative sociali.Tra le altre, vi è la casa circondariale di Sant’Angelo dei Lombardi, l’istituto penale minorile di Nisida; la casa circondariale femminile di Pozzuoli; la casa circondariale di Padova; il carcere di Milano-Bollate.
Introdurrà il dibattito Giuseppe Marotta, direttore del Demm. Apriranno i lavori: Filippo de Rossi, rettore dell’Università del Sannio; Rosa D’Amelio, presidente del consiglio regionale della Campania; Salvatore Esposito, presidente Mediterraneo Sociale scarl; Italo Santangelo, assessorato Agricoltura Regione Campania; Adriana Tocco garante regionale per i diritti del darcere.

La prima sessione, a partire dalle ore 10.30 su “Agricoltura sociale e detenzione: un modello di welfare responsabile e inclusivo”, sarà moderato da Concetta Nazzaro, Università del Sannio.

Queste le relazioni: “Agricoltura sociale e detenzione. Caratteristiche, criticità e sviluppi innovativi” di Francesca Giarè del Consiglio per la Ricerca in agricoltura e l’analisi dell’Economia agraria – Crea; “La convenienza del buon carcere per l'economia e il sistema sociale” di Monica Simeoni, Università del Sannio; “Agricoltura sociale e inserimento lavorativo nel Mezzogiorno” di Salvo Cacciola di Rete fattorie sociali Sicilia.
La seconda sessione dei lavori su “Amministrazioni penitenziarie e buone pratiche. L’esperienza delle cooperative sociali nelle carceri” sarà moderata da Salvatore Esposito con i seguenti interventi: Ottavio Casarano, direttore casa di reclusione “I due Palazzi” Padova; Liberato Gerardo Guerriero, direttore Casa Circondariale Secondigliano; Maria Luisa Palma, direttrice Casa Circondariale Benevento; Marisa Bocchino, responsabile Ufficio esecuzione penale esterna Benevento.
Sono previste le testimonianze di Angelo Fuschetto, Cooperativa Il Germoglio; Giovanpaolo Gaudino, Cooperativa Bambù; Paola Maisto, Cooperativa Lazzarelle, Imma Carpiniello, Rete di imprese Freedhome-Creativi Dentro; Giuseppe Battaglia, Cooperativa Le ali della libertà; Giuliano Ciano, Forum Regionale Fattorie Sociali e Consorzio Nuova Cooperazione Organizzata (Campania).

Conclude Lucia Castellano, dirigente generale amministrazione penitenziaria.
Intanto si registra un notevole successo per la prima edizione del master Miart, a cui hanno concorso più elementi, una partnership tra Università del Sannio (Dipartimento Demm) e la società consortile “Mediterraneo Sociale”, un’inedita esperienza di rete di imprese sociali e agro-sociali profit e non profit, con una tradizione trentennale di impegno nel welfare di comunità e in attività sociali produttive, con spiccata mission etica centrata sulle economie territoriali inclusive, il numero di iscritti, le esperienze di stage in cui gli allievi sono stati coinvolti che hanno visto la partecipazione di enti e cooperative leader nel settore (dal Forum nazionale e regionale di agricoltura sociale, alla Cooperativa Capodarco, alla rete di fattorie sociali della Sicilia, alla Nuova Cooperazione Organizzata).
Un tema quello dell’agricoltura sociale - intesa come insieme di esperienze che coniugano le attività agricole con le attività sociali, finalizzate a generare benefici inclusivi e a favorire l’inserimento sociale e lavorativo di soggetti socialmente deboli e svantaggiati, a basso potere contrattuale e a rischio di marginalizzazione - quanto mai attuale, oggetto di attenzione crescente in ambito scientifico e istituzionale, con prospettive sviluppo sempre più interessanti anche a seguito dell’approvazione, lo scorso 2015, della Legge nazionale che ne articola e regola le funzioni.
Le pratiche di agricoltura sociale, in Italia, stanno vivendo una fase di forte evoluzione che riguarda le esperienze sul territorio, le azioni di discussione-animazione e l’interesse delle parti sociali, oltre che gli interventi di politica rurale e socio-assistenziale e la ricerca.
Rientrano nelle pratiche di agricoltura sociale il ripristino e la valorizzazione dei tenimenti agricoli all’interno degli istituti penitenziari, attività che ha permesso di sviluppare progetti di agricoltura e di trasformazione all’interno delle strutture carcerarie e di offrire, al contempo, opportunità formative, professionali ed occupazionali a detenuti in misura alternativa (legge 354/1975 e successive modificazioni). Di fatto, il trattamento penale prevede che le attività agricole possano essere utilizzate, come le altre attività lavorative, per la rieducazione, e finalizzate a favorire il reinserimento socio-lavorativo del detenuto.
Diversi studi sul tema hanno, infatti, confermato il forte potere rieducativo dell’attività agricola, la sua capacità di attivare processi di responsabilizzazione dei detenuti e benefici psico-fisici, soprattutto in termini motivazionali, riappropriandosi della funzione di cura e di supporto alla crescita. “Lavorare la terra” è per i detenuti un’attività particolarmente inclusiva, perché svolgere un lavoro al di fuori del luogo della reclusione permette di recuperare un senso di vita. In sostanza, l’attività agricola diventa uno strumento attraverso il quale ristabilire l’ordine giuridico violato e introdurre valori positivi negli stili di vita dei detenuti e, allo stesso tempo, offre loro un progetto di vita.
Le esperienze di agricoltura sociale nelle carceri si sono sviluppate, in parte, in modo autonomo, grazie alla particolare sensibilità delle direzioni e alla disponibilità di terreni all'interno delle strutture, e, in parte, sulla spinta di interventi legislativi. In alcuni casi, gli istituti penitenziari gestiscono direttamente i propri terreni, con il supporto di professionisti dipendenti dell'amministrazione penitenziaria, mentre in altri ne affidano la gestione a cooperative sociali. Vi sono, inoltre, cooperative che gestiscono lavorazioni artigianali di trasformazione dei prodotti all’interno delle carceri e aziende agricole e cooperative sociali che impiegano ex detenuti o detenuti, in regime art. 21, ai quali è concesso di uscire dal carcere per recarsi a lavoro fuori dall’istituto penitenziario, per poi rientrare obbligatoriamente la sera.
I RISULTATI: la quasi totalità delle esperienze di agricoltura sociale nel sistema penitenziario ha connotazioni positive. Emerge una realtà fatta di eccellenze agroalimentari realizzate da detenuti ai quali viene offerta un’occasione di riscatto, una prospettiva di futuro attraverso il lavoro agricolo, sconfiggendo i pregiudizi nei confronti dei soggetti reclusi e creando un rapporto tra carcere e società civile. L’agricoltura sociale diventa, quindi, uno strumento per costruire una nuova cultura, attraverso il quale rendere la pena “utile” e facilitare il reinserimento dei “condannati”, regalando loro aria di libertà anche “dentro le mura” e instaurando un nuovo legame tra produzione agricola, uso della terra e legalità.

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